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I RISOTTI DEL PILATORE

"Pilatore", "Pilù", "Pilota" eran detti i Maestri delle "Pile", chiamate anche "Piste", fabbriche nelle quali sino alla metà dell'ottocento il riso veniva lavorato (in francese: pilè, ossia scortecciato,pulito) mediante una o più batterie di cilindri entro i quali un pestello (in francese: pilon )ritmicamente s'alzava e si abbassava prima scortecciandolo, pio sgrezzandolo. Queste sorgevano tra le risaie, in riva ai canali o sugli argini. Ivi, per solito isolati, il Maestro ed i suoi aiuti trascorrevano la campagna della pilatura, da metà settembre al giorno di Sant'Antonio Abate, a metà gennaio. Oltre al riso, per cibo avevano polli e anatre che essi stessi allevavano; rane, tinche, carpe,anguille delle risaie e qualche selvatico di passaggio. Con gli scarti di lavorazione del riso crescevano un maiale, vittima designata per il banchetto di chiusura.
Ancor oggi i capi fabbrica nelle raffinerie di riso sono chiamati "Capi Pila" , e "Pilatori" son detti gli specialisti della linea di lavorazione a bianco. Sentono la tradizione del mestiere, sovente tramandato da padre in figlio e sono gelosi del loro modo di preparare il risotto, senza più rimestarlo dopo i primi minuti di fuoco vivo. A Casteldario, vicino a Mantova, in tutte le famiglie e nei ristoranti è più che consueta, ma si potrebbe dire d'obbligo, questa tipica preparazione. Non per nulla , in quei dintorni, la coltivazione organizzata del riso è documentata sin dall'anno 1524. Da quanto precede e da questo modo di "Vivere il riso", discendono molte ricette, tutte con ingredienti , condimenti e intingoli alla vecchia maniera.



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