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IL PIACERE DELLA TRADIZIONE

Pochi cibi possono vantare continuità di tradizione come il riso. Infatti è coltivato da 500 anni in Piemonte, una delle regioni astronomicamente più tradizionaliste del Nord, mentre si avverte sovente che il modo di cucinarlo nel Centro-Sud è ancora più antico. Infatti gli Arabi, stanziati in Italia già nel secolo VIII, misero a dimora il riso per un certo periodo nella Puglia, in Sicilia e in Calabria, poco dopo l'anno 1000. Successivamente gli Aragonesi ne favorirono a partire dal secolo XIV la coltivazione nel Salernitano dov'era presente ancora nel XVII secolo. Di conseguenza da noi coesistono due maniere d'intendere la sua preparazione: quella di derivazione araba, e che tale si dichiara perché vuole chicchi ben sgranati, talvolta utilizzando il forno e sempre con l'aggiunta di ingredienti coi quali il riso si armonizza; e l'altra, franco-spagnola , per cui il riso veniva fatto in brodo. Successivamente si usò lasciarlo ispessire e si ebbero i risotti. Dalle regioni Piemontesi e Lombarde, quest'uso ben presto passò alle Venete, mentre il "primo piatto" sta ora diffondendosi un po' dappertutto perché in genere è indice di cucina più svelta, più leggera e aperta alle innovazioni. Due linee di cucina e due tipi di riso: uno che assorbe di meno, a grani più compatti; l'altro con maggior capacità di rigonfiarsi e di assorbire condimenti e aromi. E' certamente una riprova il fatto che in Spagna, la terra madre dei risotti, ancor oggi si usano prevalentemente risi opachi, in genere semilunghi, mentre in Arabia e in Persia i risi sono preferiti, trasparenti, lunghi e sottili e perciò più compatti. Due cucine, dunque, e due tipi di riso da scegliere secondo una tradizione secolare.



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